Angelica, è la bimba nata il 10 maggio che finora ha vissuto in un’incubatrice perché è venuta al mondo che aveva solo ventidue settimane di concepimento.
Oggi la piccola pesa 3,5 chilogrammi, si nutre col biberon ed in buone condizioni fisiche.
E’ stato definito “il miracolo della vita”, perchè è riuscita a sopravvivere nonostante i suoi 32 centimetri di lunghezza e 550 grammi di peso.
Angelica è viva, grazie anche ai medici dell’unità di neonatologia, patologia e terapia intensiva neonatale del policlinico Umberto I di Roma.
Sono stati, infatti, loro a spingere la madre, che aveva pensato di rinunicare alla possibilità di tenerla in vita temendo che la piccola potesse crescesse con gravi danni.
Angelica ce l’ha fatta. Ha superato i 95 giorni di respirazione automatica, di infezioni, trasfusioni, dosi pesanti di farmaci, e tanti tubicini e cateteri.
Voleva vivere a tutti i costi. Ora può stare in braccio alla mamma, è lunga 52,4 centimetri, è molto bella vigile e la sua testa di 34 centimetri è già incorniciata dai primi capelli neri.
Giacchè polmoni, reni, sistema nervoso e tutti i suoi organi principali non erano sufficientemente maturi sono state necessarie tecniche di rianimazione particolarmente complesse come l’assistenza respiratoria con ventilatore per due mesi, la nutrizione parenterale totale, interventi farmacologi per la chiusura del dotto di botallo e per il trattamento di ripetute infezioni.
In genere i piccoli al di sotto delle 25 settimane, non ce la fanno, o se ci riescono sono costretti a convidere per tutta la vita con gravi handicap. Ma Angelica è sanissima, anche se una valutazione completa dello sviluppo neuro comportamentale potrà essere fatta dopo i primi anni, la bambina non presenta ad oggi alterazioni neurologiche evidenziabili con gli esami strumentali.
Sei mesi fa alla mamma Monica, rumena di origini, presentatosi con il marito, bulgaro, al pronto soccorso dell’ospedale di Colleferro, le avevano riscontrato la rottura della membrana amniotica.
Da li immediata la decisione dei medici di trasferirla all’Umberto I, dove vi è un centro di maternità di secondo livello, con le macchine più sofisticate indicate per gravidanze pericolose.