Presso l’ambulatorio per la dipendenza da Internet, che è stato istituito nel novembre del 2009 presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, in 2 anni sono arrivati 300 pazienti, di cui “circa un 20% di soggetti adulti, dai 30 anni in su, fruitori di siti per adulti e di gioco d’azzardo on line, consapevoli della loro dipendenza; ma il restante 80%, composto da giovanissimi, circa undicenni, inconsapevoli e assetati di stare quotidianamente su Social network e giochi di ruolo”.
A stilare questo rapporto, sulla situazione italiana, Federico Tonioni, psichiatra, responsabile dell’Ambulatorio presso il Gemelli, che spiega appunto la differenza tra le due categorie di pazienti: “nel primo caso – dice l’esperto – quel 20% che giunge da specialisti, sapendo perfettamente di avere una dipendenza comportamentale, e di viverla in un contesto sostanzialmente ‘autistico’, cosi’ dove non c’e’ interazione con l’altro. Pensate al giocatore d’azzardo, solo di fronte al computer: non deve incontrare neanche lo sguardo della cassiera che lo persuade di smettere, è completamente libero di giocare fino all’ultimo, e difatti giocano fino a rovinarsi e cumulano debiti incredibili. I familiari li portano da noi disperati, dopo aver subito pressioni dagli strozzini, delle banche. Chiedono soldi dappertutto e ovunque”.
Poi Tonioni, sottolinea anche che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di uomini (circa il 90%) ossessionati dal gioco on line.
Le donne possono essere al massimo il 10%, ma esiste anche un grande sommerso perché per molti è faticoso comprendere che non si tratta di un gioco, di un lusso da concedersi ma di una vera malattia e quindi non vanno dallo specialista”.
Tali dati sono stati poi illustrati in occasione del convegno ‘Giovani e Internet – Aspetti evolutivi e problemi di dipendenza’, promosso presso il ministero della Salute.
L’esperto spiega inoltre che “mentre per la prima categoria si tratta di una dipendenza patologica, per gli adolescenti il fenomeno è più complesso e pericoloso, poiché un domani potrebbero diventare i nuovi ‘dipendenti adulti’.