Ecco alcuni dettagli di questa riforma che cambierà le nostre vite, soprattutto per quanto riguarda la nostra vecchiaia. Il ministro del Welfare le ha volute illustrare nel dettaglio:
– Da un punto di vista contributivo, con la riforma Dini dal contributivo che erano stati esclusi tutti quelli che a quella data, il 1995, avevano alle spalle più di 18 anni di servizio e che mantennero il calcolo retributivo (ossia pensione dell’80% della retribuzione dopo i 40 anni). Ebbene, con il metodo contributivo si terrà conto per ciascuno quanto effettivamente è stato versato. I risparmi che si recupereranno da questa riforma saranno minimi, si parla di un centinaio di milioni nei primi anni. Poi più si sarà prossimi alla pensione e meno si verrà penalizzati. Pertanto, la riforma riguarderà pochissimi lavoratori anziani (ovvero coloro che avevano più di 18 anni di contributi nel 1995 ed è già andato in pensione).
– Donne e l’anzianità: andranno in pensione a 62-63 anni e nel 2016-2018 si giungerà all’equiparazione della soglia di vecchiaia degli uomini che dovrebbe arrivare sino a 66-67 anni. Gli assegni di anzianità andranno solo a chi ha 41-42 anni di contributi. La soglia di vecchiaia pertanto per gli uomini sale da 65 a 66 anni, e per ottenere l’assegno bisognerà aver lavorato almeno venti anni.
– Adeguamento: si pensa di bloccare quanto prima, al massimo nel 2013, l’adeguamento annuale delle pensioni rispetto all’inflazione, preservando solo gli assegni più bassi. Queasta misura permetterebbe di risparmiare molto si toccherebbero anche i 5 miliardi, ma non piace né a sinistra e né ai sindacati.