Bugie, incongruenze e momenti che secondo il giudice Tammolini, farebbero di Parolisi il colpevole del delitto della moglie Melania. Il Gup parte dalle anomalie del giorno della scomparsa di Melania al Bosco delle Casermette il 18 aprile del 2011, quando Salvatore si dimostrò come un uomo incapace di trattenere l’agitazione.
Agitazione la sua che al contrario decresce con il passare del tempo. Il giudice scrive infatti: “In preda al panico e con i capelli, contrariamente al solito, scomposti, è stato visto, nelle immediatezze, eruttare, paventando che la moglie potesse essere stata rapita ed ammazzata, per poi, invece, calmarsi man mano che passava il tempo e Melania, al contrario, non si trovava”.
Inoltre, nella stessa giornata, si lasciò sfuggire in un momento di confidenza con lo zio Gennaro Rea, che aveva tentato un approccio sessuale con la moglie, ma era stato rifiutato per l’ennesima volta, e, sempre con lo zio di Melania, si era lamentato delle umiliazioni che Melania gli faceva subire, confessando, “nuovamente e inconsapevolmente, altri due importanti aspetti della vicenda“.
E scrive il magistrato “Il malessere in cui viveva emergeva anche da un sms inviato alla moglie il 22.03.2011».
“Sei sempre tu quella che sbaglia sempre e siccome stai sempre sul chi va là prendi sempre decisioni affrettate, fai sempre di me quello che vuoi. È vero ti ho detto una bugia per giustificare il mio ritardo, per non farmi rimproverare da te, ma come sempre mi rendi ridicolo davanti a tutti, grazie per questo ” questo il testo dell’sms.
Nella sentenza emessa dal giudice si legge anche: “Che Melania potesse avere reazioni verbali violente ed umilianti verso il marito per il tradimento con la Perrone lo conferma il fratello di lei, Michele”. In una deposizione Michele racconta di quella volta che “lo aggredì tanto da farlo sentire un verme“.
Parolisi, appare dunque come l’uomo umiliato dalla moglie con una personalità ormai dominante, che si mortifica davanti anche allo zio di Melania, ammettendo di non avere più rapporti con lei. E che secondo il giudice, sta confessando e giustificando il delitto.
Ma non è tutto. Sì perché nei comportamenti di Parolisi ci sarebbe quella che è la chiave di lettura: l’ultima, ovvero il depistaggio realizzato con il vilipedio sul corpo senza vita della moglie.
Cosa che lo ha portato all’ergastolo. Altri particolari che avvalorano la tesi del giudice riguardano l’episodio riguardante il giorno dopo la scomparsa di Melania, ovvero il 20 aprile quando Salvatore non partecipò alle ricerche della moglie. Anzi, dissuase addirittura il 19 i colleghi “dall’organizzare un gruppo di ricerca“.
Inoltre, molto strano anche l’abbigliamento indossato da Parolisi il 18 aprile che attira l’attenzione di tutti. Si parla dei suoi calzoncini e di ciò che potrebbe aver indossato mentre uccideva Melania con 35 coltellate.
Nello stesso giorno nel portabagagli dell’auto di Salvatore la moglie dell’amico Paciolla, trova “uno zaino di tipo militare, un piccolo trolley nero e un grande sacco di plastica nera contenente una coperta”.
Ma dopo la scomparsa di Melania al marito Salvatore vengono prestati un pantalone di una tuta ed una felpa, che la mattina il caporalmaggiore restituisce con la scusa di non averli potuti lavare.
Eppure, secondo quanto riferito dalla suocera, nella notte tra il 18 e il 19 o la mattina del 19 aprile a casa della famiglia Parolisi la lavatrice funziona di continuo.
Il giudice sottolinea che “Salvatore Parolisi ha mostrato un lato della propria personalità particolarmente violento e subdolo”, scrivono i giudici.
Infatti, dopo aver ucciso Melania avrebbe depistato le indagini, vilipeso il cadavere e accumulato bugie su bugie. Anche l’improvviso attaccamento alla figlia Vittoria avrebbe destato nel giudice Tommolini un “sospetto di autenticità”.