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La Commissione Europea vuole sanzionare l’Italia per non aver applicato correttamente la direttiva comunitaria sull’orario di lavoro ai medici operanti nel servizio sanitario nazionale.

Secondo Bruxelles, nei nostri ospedali non vengono rispettate le direttive Ue sugli orari di lavoro e per questo ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

I medici italiani, sono costretti a turni di 48 ore settimanali che arrivano anche alle 70 senza alcun riposo settimanale garantito.

Pertanto, secondo le motivazioni esposte dalla Ue, la normativa italiana “priva questi medici del loro diritto a un limite nell’orario lavorativo settimanale e a un minimo di periodi di riposo giornalieri“.

Da qui, la Commissione Europea, già a maggio dello scorso anno, aveva inviato all’Italia un parere in cui chiedeva l’attuazione delle misure necessarie per tutelare questa categoria di professionisti, e assicurare che la legislazione nazionale rispettasse la direttiva, ma ad oggi nulla di fatto.

Quest’ultima chiedeva richiedeva di dare ai lavoratori, per motivi di salute e di sicurezza, la possibilità di lavorare un massimo di 48 ore settimanali in media, straordinario compreso. Oltre che un minimo di riposo ininterrotto di 11 ore al giorno e un ulteriore riposo settimanale ininterrotto di almeno 24 ore.

Tale direttiva chiedeva inoltre, anche una certa flessibilità che permettesse di rinviare pause minime per giustificati motivi, ma solo a condizione che il lavoratore potesse poi recuperare tutte le ore di riposo perdute.

Infine, anche per i medici in formazione limiti di tempo di lavoro. In pratica la direttiva europea doveva essere applicata già molti anni fa a tutti i medici con un contratto di lavoro subordinato. Solo per i medici in formazione la limitazione dell’orario di lavoro è stata introdotta gradualmente, sulla base di regole speciali, nel periodo 2000-2009. Dal 1° agosto 2009, il limite di 48 ore deve essere applicato anche ai dottori in formazione, mentre i periodi minimi di riposo dovevano essere applicati anche a questa categoria in tutti gli Stati membri già dal primo agosto 2004. Ma l’Italia ha sinora ignorato tali norme.

Situazione questa insostenibile e altamente rischiosa per la vita dei pazienti e per i medici stessi, costretti ad affrontare situazioni stressanti e la paura di eventuali cause legali.