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Secondo quanto rivelato da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, oggi in carcere per aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, sarebbe stato a conoscenza del pericolo imminente che correva il giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse il 19 marzo 2002.

A rivelarlo centinaia di documenti trovati dalla Guardia di Finanza nell’archivio segreto di Claudio Scajola, nel corso delle perquisizioni fatte per altre indagini relative a uomini a lui molto vicini.

Nelle cartelline di Scajola consegnate ad un agente 007, oltre a documenti che risalgono alle vicende di Tangentopoli e fatti riguardanti il suo incarico come ministro dell’Interno, sarebbe emersa anche un’informativa da lui vistata sulle minacce che Biagi riceveva in quel periodo.

Documenti del ministero dell’Interno, appunti compromettenti, come ad esempio l’appunto di un messaggio del politico che informò Scajola: «Guarda che Marco Biagi è in pericolo», che potrebbero confermare l’ipotesi che da parte dell’ex Ministro dell’Interno ci fu una gravissima sottovalutazione dei rischi che il giuslavorista bolognese stava correndo. A suo tempo il ministro Claudio Scajola dichiarò di non aver mai avuto il sospetto che Biagi fosse in pericolo. Ricordiamo infatti che il professore era senza scorta.

Secondo quanto riportato ancora da Il Corriere della Sera, l’informativa sarebbe conservata nel fascicolo che è stato trasmesso dalla Procura di Roma a quella di Bologna e che indaga sull’omicidio del Professore.

Il documento vistato dall’allora ministro Scajola sarebbe stato inviato da un politico molto vicino a Biagi e spedito al Viminale.

Si ricorda che la sera del 19 marzo 2002 Marco Biagi veniva assassinato a bordo della sua bici, sotto la sua abitazione di via Valdonica da parte di un commando di brigatisti. I terroristi, con indosso dei caschi integrali, aprirono il fuoco in sua direzione per poi allontanarsi velocemente. Colpito da sei proiettili, alle 20:15, il professore Biagi moriva tra le braccia dei medici del 118 che erano accorsi sul posto.

La rivendicazione a firma Nuove Brigate Rosse, non tardò ad arrivare la notte stessa a diverse agenzie e quotidiani, fece riferimento ad una precisa strategia dell’Organizzazione, volta a colpire uomini dello stato legati al contesto di ristrutturazione del mercato del lavoro a cui Marco Biagi stava lavorando.