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Una settimana prima che James Foley venisse ucciso dai miliziani dello Stato Islamico, i rapitori aveva inviato alla famiglia del reporter americano un’email annunciando la sua morte: “Pagherete il prezzo dei vostri bombardamenti! Il primo sarà il cittadino americano, James Foley! La sua morte è un risultato diretto delle vostre trasgressioni verso di noi!”

L’email che è stata pubblicata dal giornale per il quale Foley lavorava e che si riferisce al governo e ai cittadini americani con un linguaggio piuttosto violento e con minacce del tipo: “Oggi le nostre spade sono sguainata verso di voi, GOVERNO e cittadini! Non ci fermeremo finché la nostra sete di sangue non sarà appagata”.

Ma secondo quanto riportato dal Global Post l’email conterrebbe anche imprecisioni. Come ad esempio che alla famiglia del reporter sono state date molte opportunità per negoziare per il rilascio del proprio congiunto.

Anzi, solo dopo un anno, senza ricevere alcun contatto, i genitori del giornalista hanno ricevuto il 26 novembre del 2013 il primo messaggio da parte dei rapitori, che chiedevano di 100 milioni di euro o il rilascio di un numero imprecisato di prigionieri detenuti negli Stati Uniti.

Soldi che però l’amministrazione di Obama non ha voluto pagare, ma che aveva tentato più volte di liberare all’inizio dell’estate Foley e altri ostaggi che erano con lui.

Ora il presidente americano, sta considerando l’idea di lanciare raid anche in Siria, per sconfiggere l’Isis. Lo ha detto ieri il vice consigliere per la sicurezza nazionale Ben Rhodes.

Ma gli Usa valutano due possibilità. La prima è quella di allargare i raid aerei dall’Iraq alla Siria, per colpire le basi dell’Isis, ed armare l’opposizione moderata finché combatta i terroristi sul terreno. La seconda, forse la migliore, riaprire il dialogo con Assad, affinché si impegni in prima persona nella lotta contro i terroristi, o comunque dia il via libera alle operazioni contro di loro.