, direttore del Centro di chirurgia genitale maschile del Policlinico Umberto I di Roma, all’avanguardia per le metodiche chirurgiche in grado di rendere mininvasivi gli interventi, presidente della Società Italiana di Chirurgia Genitale Maschile (Sicgem) in occasione dell’incontro ‘Salute sessuale maschile: La nuova chirurgia mininvasiva e correttiva’ si è soffermato a lungo sugli aspetti che spingono spesso tanti uomini a ricorrere alla chirurgia estetica delle parti intime.
La colpa può essere attribuita ad un rapporto in crisi, le difficoltà legate ad una malattia o il riuscire ad aumentare la propria autostima, sfociando così in un vero e proprio complesso psicologico chiamato ‘sindrome da spogliatoio’.
La richiesta è pertanto quella di rivolgersi al chirurgo per chiedere l’allungamento e l’ingrandimento del pene.
Un intervento che ha registrato, solo nel 2014, 500 richieste. Facendo registrare un aumento pari ad oltre il 20%, ed emergere che l’età dei potenziali pazienti: è soprattutto quella fra i 18 e i 35 anni, con una certa preparazione culturale medio-alta ed estrazione sociale.
Nel Centro dell’Umberto I, spiega Alei, ”viene adottata la metodica che prevede l’inserimento di un distanziatore in silicone fra pube e base del pene, che ben si adatta alle caratteristiche anatomiche del paziente. Per l’ingrandimento, il problema riscontrato nelle tecniche tradizionali è legato al grasso utilizzato. I pazienti in questo caso avvertono la sensazione di avere una sorta di strato di gommapiuma, tra la cute e i corpi cavernosi. Al Policlinico si è cominciato ad usare invece il derma umano e suino liofilizzati ottenendo ottimi risultati”.
Le tecniche più diffuse, conclude l’esperto, ”consentono aumenti di dimensione intorno al 25-30%, restituendo sicurezza per intraprendere una vita di relazione normale”.