Per omaggiare il cantautore napoletano, Pino Daniele, il celebre bluesman scomparso di recente, lo scorso gennaio 2015, la Treccani ha deciso di aggiungere la parola dialettale, “Appocundria”, divenuta celebre proprio grazie all’artista e alla sua omonima canzone.
“I dialetti sono, con le loro coloriture lessicali, una grande risorsa espressiva per la lingua italiana, che oggi è ricca, variegata, forte e consolidata su tutto il territorio nazionale. Il dialetto non è più sentito come un simbolo o riflesso di svilimento socioculturale, un segnale di arretratezza. Anzi. È vissuto come libertà di registro”, motiva la Treccani.
“Pino Daniele ha scritto e cantato molto nel suo grande dialetto napoletano, fonte di ricchezza per la letteratura e la canzone che da regionali, tante volte, si sono sapute fare patrimonio della nazione. E ci ha restituito, sovrimpresse di venature che in lingua sarebbero state opache, parole che, pur non essendo nuove, nuove suonavano all’orecchio, per via di una potenza evocatrice che soltanto il dialetto era in grado di sprigionare. Come nel caso di appocundria, interfaccia dialettale dell’italiano ipocondria, nel senso semanticamente vago di ‘profonda malinconia’, che tanto sembra addirsi alla condizione della «napoletanità”.
Appocundria – Pino Daniele
Appocundria me scoppia
ogne minuto ‘mpietto
peccè passanno forte
haje sconcecato ‘o lietto
appocundria ‘e chi è sazio
e dice ca è diuno
appocundria ‘e nisciuno
Appocundria ‘e nisciuno.