Papa Francesco di ritorno dall’isola di Lesbo, dove ha ascoltato tante storie terribili porta con sè in Vaticano tre famiglie di profughi, 12 persone e spiega il perchè.
Un viaggio lampo di sole 5 ore, ma durante il quale il Pontefice argentino ha fatto visita al campo profughi dove tanti siriani, afghani, cingalesi si trovano ora e dovranno essere rimpatriati in Turchia, perdendo così la speranza di poter concludere il loro viaggio in Europa e raggiungere, in alcuni casi i propri familiari.
Appena vede i giornalisti il santo Padre spiega subito del eprché di tale decisione. La scelta di portare 12 migranti con sé, e di accoglierli in Vaticano, è una mossa umanitaria di straordinario significato. Il Papa non lo dice, ma ha anche una valenza politica.
“Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa giornata di lavoro. Per me è stato troppo forte, troppo forte…”. Si commuove Francesco. Poi comincia ad ascoltare le domande, e a rispondere a ad una ad una restando in piedi per quasi un’ora, mentre l’Airbus A320 dell’Alitalia vola verso Roma.
“Gli accordi tra la Grecia e la Turchia io non li conoscevo bene, li ho visti sui giornali. Loro, i profughi che stiamo accogliendo, vengono in regola, con un accordo raggiunto fra tre governi, Vaticano, Italia e Grecia. Con la collaborazione della Comunità di Sant’Egidio. E hanno il visto di ingresso. Ora Sant’Egidio troverà loro un posto di lavoro. Sono ospiti del Vaticano e si aggiungeranno alle due famiglie già ospitate dalle nostre parrocchie”.
“Non ho fatto una scelta tra cristiani e musulmani – precisa il Papa – Queste tre famiglie avevano le carte in regola e si poteva fare. C’erano due famiglie cristiane che non avevano i documenti in regola. Non è un privilegio, tutti sono figli di Dio. Ma è vero, oggi i ghetti esistono! E alcuni dei terroristi che hanno compiuto attentati sono figli e nipoti di persone nate in Europa. Che cosa è successo? Non c’è stata una politica d’integrazione. L’Europa deve riprendere questa capacità d’integrare, sono arrivate tante persone nomadi e ne hanno arricchito la cultura. C’è bisogno d’integrazione”.