Si parla di decontribuzione per assumere giovani, ma anche di norme anti licenziamento per salvaguardare chi lavora e prevenire anche comportamenti «furbeschi» da parte delle aziende.
Questi alcuni dei punti cruciali contenuti nel pacchetto di agevolazioni allo studio del Governo, anticipati dal Corriere della Sera, annunciati ieri dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, durante il Meeting di CL in corso a Rimini.
Gli sgravi dovrebbero costare alle casse dello Stato circa 2 miliardi, ha precisato il ministro: «Dipende dalla possibilità di utilizzare lo strumento del “bonus giovani” su una platea più o meno larga. Per garanzia giovani dall’Unione Europea abbiamo ottenuto l’innalzamento dell’età da 25 a 29 anni perché la regole comunitarie prevedevano fino a 25 anni e noi abbiamo ottenuto di innalzarla fino a 29, ma sappiamo che ogni volta che dobbiamo ottenere una regolazione diversa c’è una trattativa da fare ed è ciò che stiamo facendo».
«Questa è la strada da percorrere e sulla quale investire – sottolinea ancora il ministro – come tra l’altro ripetuto più volte dal presidente del Consiglio: vogliamo fare un passo importante sull’occupazione giovanile, che oggi è l’obiettivo più importante per il nostro Paese».
Intanto, secondo dei tecnici, si starebbe discutendo su un tetto di età compresa tra i 29 e i 32 anni, e di escludere la possibilità per l’azienda di usufruire per lo stesso dipendente di più sgravi.
In pratica per avere le nuove agevolazioni le aziende non potranno assumere un lavoratore che sia stato in forza all’azienda, anche se senza contratto a tempo indeterminato da più di sei mesi. È probabile dunque, che lo Stato decida di prevedere lo sgravio solamente per coloro che non hanno mai avuto un contratto a tempo indeterminato e quindi non hanno mai usufruito di alcuna agevolazione.
In merito alla questione previdenza, a chi gli chiede se nella prossima Legge di Bilancio si prevedano norme per uno stop all’innalzamento automatico dell’età pensionabile, Poletti risponde: «Nessuno ha chiesto di abolire il collegamento e la connessione: c’è una richiesta di discussione su criteri, tempi e modalità. Credo che sia un tema che vada affrontato quando l’Istat ci avrà dato i termini effettivi della situazione».
Ad oggi l’assegno di ricollocazione non ha sortito i suoi frutti. Sono meno di 3 mila i disoccupati in Naspi (indennità per chi perde il lavoro) da almeno 4 mesi che hanno chiesto l’assegno che aiuta a trovare un nuovo impiego. Tremila sui 30 mila stimati dal governo nella sperimentazione, che evidentemente preferiscono continuare a prendere la Naspi.