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La cefalea, nelle sue più svariate forme (emicrania, cefalea di tipo tensivo, a grappolo, forme primitive), viene considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al sesto posto tra le maggiori cause di disabilità. Non per nulla la cefalea a grappolo cronica viene anche definita anche «cefalea da suicidio».

Chi soffre di questi problemi è perseguitato da crisi pressoché quotidiane che non lasciano scampo e sono resistenti anche ai farmaci reperibili in commercio.

Il mal di testa, infatti, non è solo una questione di salute, ma rappresenta anche un grave problema sociale. Causa assenze dal lavoro, compromette relazioni interpersonali, mina i rapporti familiari e sessuali. In definitiva riesce a rovinare la qualità della vita, se non la vita stessa delle persone che ne soffrono.

L’emicrania in particolare, rappresenta la terza malattia più frequente del genere umano. Colpisce circa 5 milioni di italiani, con maggiore incidenza, a causa degli ormoni, sulle donne (18% della popolazione femminile) rispetto agli uomini (9%). Si presenta come un dolore acuto e pulsante che può durare anche alcune ore, se non addirittura giorni. Talvolta è accompagnata da nausea, vomito, fastidio per la luce, suoni e rumori.

In un terzo dei pazienti, l’emicrania si accompagna a disturbi neurologici (fenomeno dell’aura) come l’annebbiamento della vista, improvvisi lampi di luce, formicolio agli arti e difficoltà nel linguaggio.

Ma ecco la buona notizia. Che giunge dal 48° Congresso della Società Italiana di Neurologia (SIN), svoltosi a Napoli: nel giro di pochi anni potremmo avere sul mercato un farmaco capace di ridurre del 70% gli attacchi di mal di testa con una semplice iniezione al mese.

«Essendo agli albori di questo nuovo approccio farmacologico, non è ancora possibile conoscere la posizione che occuperà il farmaco nella pratica clinica. In altri termini non possiamo ancora sapere se rappresenterà una terapia di prima linea o una terapia di fase avanzata per le forme di cefalea refrattarie ai più comuni trattamenti. In ogni caso, questa conquista scientifica rappresenta per i pazienti e per i medici una nuova fonte di speranza nella lotta, spesso difficile, contro una patologia così debilitante e diffusa». Spiega Gioacchino Tedeschi, presidente del Congresso SIN e direttore del Centro Cefalee della I Clinica Neurologica dell’Università Vanvitelli di Napoli.