E’ stata minacciata di morte per aver interpretato il film storico Padmavatì del regista indiano Sanjay Leela Bhansali. È successo in India. A pochi giorni dal debutto nelle sale cinematografiche (previsto per l’1 dicembre), un gruppo marginale di difesa della cosiddetta “casta dei cavalieri” ha offerto una ricompensa di ben dieci milioni di rupie (oltre 130.000 euro) per chi si presterà a «brucare viva la protagonista, Deepika Padukone», che interpreta il ruolo di una regina ribelle che non si concede al suo sultano.
Tratto da un poema epico del 1500, il film racconta la storia di una regina indù (Rani Padmini, nota anche come Padmavati) che, per non cadere nelle mani del sultano di Delhi, Alauddin Khalji, al termine di un lungo assedio del Chittor Fort nel 1303 preferì gettarsi nel fuoco insieme a tutte le altre donne.
Minacce di morte anche al regista Bhansali. Domenica, dopo che l’organismo di censura preventiva indiano (Cbfc) aveva deciso di sospendere l’esordio di Padmavatì nelle sale, il gruppo Akhil Bhartiya Kshatriya Mahasabha (Abkm) aveva organizzato una manifestazione a Bareilly, in Uttar Pradesh, bruciando in un parco un centinaio di gigantografie della Padukone e di Bhansali.