E’ in arrivo un farmaco per 7000 italiani che soffrono di anemia mediterranea (o beta talassemia). L’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli di Caserta ha condotto uno studio per lo sviluppo di nuova una terapia in grado di ridurre la gravità di questa patologia ereditaria.
Oggi, l’unica terapia possibile e risolutiva è il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da cordone ombelicale da donatori compatibili. Nel caso queste non fossero possibili si ricorre poi a trasfusioni di sangue ripetute, associate a un farmaco chelante in grado di eliminare l’accumulo di ferro causato proprio dal processo trasfusionale. L’individuo talassemico viene monitorato ma con l’ulteriore approccio terapeutico, anche se ancora in fase sperimentale, è possibile una terapia genica.
L’Università Vanvitelli di Caserta ha infatti condotto una sperimentazione clinica di fase 2, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Blood. Ha arruolato 13 pazienti talassemici e ha somministrato loro, per via sottocutanea, il Luspatercept, una proteina ricombinante che funge da “trappola” per alcune delle sostanze che contribuiscono alla morte prematura dei globuli rossi nel midollo osseo. L’iniezione, eseguita ogni 3 settimane, ha aumentato i valori di emoglobina e ridotto la necessità di trasfusioni, con un miglioramento della qualità di vita dei pazienti. «I dati raccolti» conferma Silverio Perrotta, direttore del Centro di cura delle Talassemie ed Emoglobinopatie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Vanvitelli, «mostrano che nell’81% dei pazienti il numero di trasfusioni si è ridotto di oltre il 20%. Inoltre, da due sperimentazioni cliniche di fase 3 ancora in corso con la partecipazione di 500 pazienti, è emerso anche che il 70% di coloro che sono dipendenti da trasfusioni ha ridotto di un terzo la necessità di sangue da donatori e il 10% ha addirittura dimezzato le trasfusioni».