Lo zafferano sarebbe in grado di frenare una grave e rara malattia degenerativa della vista, la sindrome di Stargardt. Questo il risultato scientifico ha cui è giunto uno studio clinico senza precedenti condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs e pubblicato sulla rivista scientifica “Nutrients”.
Il trattamento è semplice e senza effetti collaterali, spiega Benedetto Falsini, dell’Istituto di Oftalmologia, che ha coordinato il lavoro insieme a Silvia Bisti dell’Università degli Studi dell’Aquila. La malattia di Stargardt è una degenerazione ereditaria della ‘macula’, il centro della retina.
I sintomi consistono soprattutto nella riduzione della visione (quella che consente ad esempio di riconoscere i visi, leggere, guidare), che inizia durante l’adolescenza o, comunque, in giovane età (prima e seconda decade di vita). E’ causata da ‘errori’ (ovvere delle mutazioni) del gene ‘Abca4’, il cui malfunzionamento provoca appunto una disfunzione e perdita delle cellule retiniche per fenomeni neuroinfiammatori indotti dal crescente stress ossidativo (i radicali liberi). Nel trial clinico coinvolti 31 pazienti trattati con 20 milligrammi al giorno di zafferano in compresse per sei mesi e poi con una sostanza placebo per i sei mesi successivi di cura.
La funzione visiva, con tale trattamento medico sperimentale, si è mantenuta pressoché stabile durante tutta la terapia, mentre tendeva a deteriorarsi durante l’assunzione del placebo.
Si tratta, dicono gli scienziati, di una nuova dimostrazione dei potenti effetti terapeutici dello zafferano, che già in passato in modelli animali di degenerazione retinica si è dimostrato capace di rallentare la progressione del processo neurodegenerativo della retina e mantenere la funzione visiva più a lungo. Nell’uomo l’efficacia del trattamento con zafferano è stata dimostrata, sempre da Falsini, in pazienti con una degenerazione maculare legata all’età in fase iniziale o mediamente avanzata: «l’integrazione per bocca con zafferano ha un effetto benefico sulla funzione visiva e sulla progressione della malattia», conclude Falsini.