Esiste un legame tra inquinamento da Pfas, sostanze chimiche presenti in vernici, farmaci, presidi medici, e malattie cardiovascolari. Una ricerca italiana ha scoperto che questi inquinanti possono attivare le piastrine, rendendole più suscettibili alla coagulazione e predisponendo a un aumento del rischio cardiovascolare. La ricerca è stata condotta dall’università di Padova sotto la guida di Carlo Foresta, ordinario di endocrinologia, con i gruppi di Luca De Toni e Andrea Di Nisio.
L’aumento del rischio cardiovascolare associato all’inquinamento da Pfas – secondo la ricerca scientifica, pubblicata sull’International Journal of Molecular Sciences, che nasce dalle osservazioni riportate sia in studi internazionali sia in ambito Epidemiologico Regionale del Veneto, indica un aumento del rischio cardiovascolare associato all’inquinamento da Pfas, i composti perfluorurati che vengono utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua molti prodotti, dai tessuti ai rivestimenti per contenitori di alimenti.
In particolare, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che una di queste sostanze, lo Pfoa (acido perfluoroottanoico), il principale inquinante ambientale nel territorio veneto, “sarebbe in grado di attivare le piastrine, rendendole più suscettibili alla coagulazione, anche in condizioni normali, predisponendo a un aumento del rischio cardiovascolare”, ha spiegato Foresta.
Il risultato in questione, è stato ottenuto prima in vitro e poi confermato, in collaborazione con Paolo Simioni dell’Università di Padova, grazie ai test su 78 persone con diversi livelli di esposizione a Pfas. I test “hanno confermato dei segnali di aumentata attivazione piastrinica con conseguente incremento della propensione all’aggregazione delle stesse”, ha rilevato inoltre Foresta.
“Questi dati – ha aggiunto – potrebbero spiegare l’osservazione epidemiologica tra Pfas e patologie cardiovascolari, soprattutto se sussistono altri fattori di rischio noti per queste patologie, come diabete, obesità, fumo e alcol”.