Spread the love

Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, rivela al Messagero, quanto tempo è necessario per trovare un vaccino per scongiurare o debellare il coronavirus.

“In una situazione normale? Servono dai 6 agli 8 anni, ad esempio per malattie come l’epatite”.

Per il Covid-19?
“Si farà di tutto per restare nei 12-18 mesi. È chiaro che in emergenza si adotta la cosiddetta fast track, una corsia prioritaria per velocizzare le procedure burocratiche”.

“Nella ricerca medica il rispetto delle fasi burocratiche va nell’interesse di tutti, per verificare che tutto avvenga in sicurezza. Prima di avviare una sperimentazione bisogna avvisare gli enti di controllo affinché possano intervenire a monitorare i vari passaggi. Non ci si può presentare alla fine dello studio, con i risultati in mano. Esistono evidentemente interessi economici enormi, quindi non si può abbassare la guardia”.

Al Perché in una situazione fuori dall’emergenza sono necessari tanti anni?

“Serve il tempo per iniettare il vaccino in milioni di persone, si tratta di applicare diverse fasi dettate da una serie sistematica di controlli. È fondamentale, ovviamente, verificare la sicurezza del vaccino e la sua reale efficacia: per evitare un inutile spreco di denari ma anche per scongiurare false sicurezze nelle persone”. Spiega l’esperto.

Come si procede?
“Servono studi per verificare l’efficacia e le reazioni su numeri via via crescenti di persone che si vaccinano. Basti considerare che gli eventi avversi rari escono solo oltre le 10mila persone coinvolte. Quando parliamo di un caso su 10mila, significa che statisticamente è stato necessario arrivare anche a 20mila persone. Non è detto che nei primi 10mila trovi l’evento avverso. Si porcede per fasi”.

Di quante fasi parliamo?
“Ci sono 5 fasi. Quella iniziale (che chiameremo 0, ndr) si fa sugli animali. E in queste settimane qualcosa già è stato fatto. Poi si passa alle 4 fasi successive, quelle di approfondimento sulle persone”.

La prima fase in che cosa consiste?
“Si procede su persone sane, circa 20-50 persone, che generalmente vengono compensate per farsi somministrare il vaccino. E serve per vedere la farmacocinetica: quindi si osserva cosa succede, con basse dosi e poi con prelievi di sangue per avviare normali studi di farmacologia”.

La seconda fase?
“Da questo momento in poi si procede solo con persone volontarie, che firmano il consenso informato. Questa fase coinvolge 3-4mila persone e si lavora sulla messa a punto delle dosi. Si organizza lo studio su gruppi distinti di persone che assumono dosi diverse con somministrazioni diverse. In questa fase si comincia a vedere quali sono le soluzioni migliori”.

La terza?
“Partendo da quanto stabilito nella fase precedente, si individuano le dosi giuste e si va avanti su un aumento di persone a cui somministrare le dosi: si arriva ad almeno 10-20mila persone. Lo studio viene avviato in cieco: significa che solo un supervisore sa a chi viene somministrato il vaccino e a chi no. I ricercatori che studiano le reazioni non sanno chi ha assunto il farmaco sperimentale e chi no. Osservano tutto in cieco: questo serve per arrivare a vedere il risultato con la massima oggettività. Poi si scoprono le carte”.

L’ultima fase?
“La quarta fase praticamente è tutto quello che avviene dopo. E’ la farmacovigilanza che inizia una volta che viene avviato l’uso del farmaco o del vaccino. Il controllo degli effetti avversi procede nel tempo. Per arrivare a un milione di somministrazioni. Nel frattempo c’è l’aspetto pratico, quello dell’ industrializzazione con l’allestimento di laboratori specifici”.