Spread the love

L’Oms dopo la lettera ricevuta da parte di 239 scienziati di 32 Paesi del mondo, pubblicata su Clinical Infectious Diseases ha ammesso che il rischio di trasmissione aerea del virus esiste e può rappresentare un problema molto serio nei luoghi chiusi, di lavoro e affollati.

La trasmissione del coronavirus può avvenire non solo attraverso le goccioline grandi (droplet, diametro superiore ai 10 micron) su cui agisce in modo importante la gravità portandole al suolo in pochi istanti, ma anche le goccioline più piccole (aerosol) che rimangono in sospensione nell’aria per tempi molto più lunghi.

Si può fare qualcosa per rendere sicuri i luoghi più critici come gli ambienti chiusi e di ridotte dimensioni? Il rischio zero non esiste, ma la ventilazione e la cura della qualità dell’aria giocano un ruolo fondamentale nella gestione del rischio. L’importante, dicono i ricercatori è che sia ridotta al massimo, l’emissione (parlando magari a bassa voce), usando la mascherina in un ambiente chiuso e puntando sempre sul distanziamento sociale.

Studio italiano è riuscito a dimostrare che una piccola dose di raggi ultravioletti UvC (radiazioni che non arrivano sulla Terra perché bloccate dall’atmosfera) in grado di disattivare in pochi istanti i droplet contenenti nella Sars CoV-2. Risultati simili sono stati ottenuti con i raggi UvA e UvB, quelli da cui ci proteggiamo con le creme solari. Gli autori dello studio si sono chiesti poi, se possa esserci anche una correlazione tra irraggiamento solare e epidemia di Covid-19. Analizzando la quantità di radiazioni in 260 Paesi dal 15 gennaio a fine maggio, la corrispondenza con l’andamento di Sars-CoV-2 è risultata essere quasi perfetta: minore è invece la quantità di UvA e UvB, maggiore è il numero di soggetti infetti. Non il caldo, ma l’effetto dei raggi ultravioletti è letale per il virus. L’idea è quella di utilizzare lampade a raggi Uv per disinfettare luoghi chiusi. Tutti i raggi Uv sono però pericolosi per l’uomo e ad oggi sono utilizzati solo per sanificare gli ambienti (senza persone) e gli oggetti. Sono allo studio lampade con lunghezza d’onda che eliminino qualunque potenziale tossicità per l’uomo per poter disinfettare gli ambienti.

L’Istituto Superiore di Sanità ha messo in guardia sull’utilizzo di lampade UvC che generano luce in assenza di protezione perché cancerogeni per l’uomo.