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Secondo una recente ricerca commissionata da LinkedIn, diffusa in occasione della Giornata internazionale della donna che si celebra oggi 8 marzo, è ancora evidente ai giorni nostri, l’‘impatto del condizionamento sociale sulla retribuzione e la progressione di carriera delle donne in tempi di Covid-19. L’obiettivo è quello di far luce sulla disparità di riconoscimento che porta le donne a sentirsi meno meritevoli degli uomini, influenzando così direttamente anche le loro carriere.

Il 44% delle donne intervistate in Italia crede che esse si sentano meno legittimate a ottenere promozioni o aumenti di stipendio sul posto di lavoro, mentre 2 uomini su 5 (40%) sostengono lo stesso. Meno della metà (47%) delle donne intervistate ammette però, di aver provato questo o di averlo visto provare da altri.

Il risultato generale della ricerca rivela che ad ogni livello delle trattative su stipendi e promozioni, le donne italiane rimangono indietro rispetto agli uomini:
● Più uomini hanno ammesso di aver negoziato lo stipendio per un nuovo ruolo rispetto alle donne (62% contro 47%).
● Cosa che varrebbe anche quando si tratta di negoziare aumenti di stipendio con attuali datori di lavoro (61% uomini contro 43% donne).
● Più di un terzo (37%) delle intervistate non ha mai negoziato un aumento di stipendio con il proprio capo accettando un nuovo lavoro perché non si sentiva a suo agio nel chiederlo, rispetto al 32% degli uomini.
● Mentre più della metà (51%) degli uomini intervistati ha chiesto un aumento di stipendio o una promozione al di fuori della loro revisione annuale, meno di 2 donne su 5 (37%) ha fatto lo stesso.
● Tra coloro che non hanno mai chiesto un aumento di stipendio al di fuori della loro revisione annuale, si parla del 48% delle intervistate, che però lo prenderebbe in considerazione, rispetto a più di metà (52%) degli uomini intervistati.
● In media, le donne intervistate hanno aspettato più a lungo per chiedere al loro datore di lavoro un aumento di stipendio dal momento in cui hanno sentito di meritarlo, rispetto agli uomini intervistati. (18 mesi contro 15 mesi).

Photo Credit Noisiamoilfuturo.it