Il dittatore della Corea del Nord, Kim Jong-un, ha incontrato il presidente sudcoreano Moon Jae-in al confine con la Corea del Sud, in una storica cerimonia che segna un nuovo passo in avanti verso la pace fra i due Stati e il mondo intero.
Moon ha accolto Kim oltre il confine della zona demilitarizzata tra i due paesi, stringendogli a lungo la mano. L’incontro è apparso molto disteso e cordiale e rappresenta il primo di una lunga serie di riunioni e cerimonie che coinvolgeranno i due leader e le delegazioni delle rispettive nazioni.
“Un punto di partenza della storia e di una nuova era di pace”, ha scritto nel libro degli ospiti, Kim.
Sul tavolo del summit la rinuncia alle armi nucleari da parte di Pyongyang e un trattato di pace fra le due Coree.
Ma c’è di più. E’ la prima volta dal 1953, che il gradino di cemento che divide in due la penisola coreana all’altezza del 38esimo parallelo è stato superato fisicamente da un presidente del Nord. Intorno alle 9 e 30 di venerdì (le 2:30 in Italia), Kim Jong-un ha oltrepassato la linea di demarcazione di Panmunjom, il villaggio dove fu firmato l’armistizio che segnò la fine della guerra nel 1953. Ad attenderlo, dall’altra parte, c’era il presidente sudocoreano Moon Jae-in.
Kim, vestito con il tradizionale abito scuro in stile Mao, ha camminato verso lo stretto corridoio che separa i due edifici dei meeting, noti come T2 e T3, nella Joint Security Area. Moon lo ha atteso sorridente sul cordolo di cemento che segnala il confine per la storica stretta di mano. Poi un fuori programma, con Kim che ha invitato Moon ad entrare anche lui nella parte del territorio nordcoreano.
I due, sempre tenendosi per mano, sono tornati sul suolo sudcoreano per dirigersi verso il palazzo di vetro e cemento della Peace House, dove poco dopo ha avuto inizio la prima tornata di colloqui del summit, il terzo dopo quelli del 2000 e del 2007.
Il cerimoniale di benvenuto e una prima breve conversazione fra i due sono stati trasmessi anche live, in modo da farli seguire alle rispettive popolazioni. Mentre i colloqui veri e propri si sono tenuti a porte chiuse. Sul tavolo dell’incontro, che potrebbe spianare la strada al bilaterale fra Kim Jong-Un e Donald Trump previsto entro i primi di giugno, l’ipotesi che Pyongyang rinunci alle sue armi nucleari, tant’è che scherzando ha detto a Moon “Non ti sveglierò più all’alba (con i lanci dei missili)”, e un trattato di pace fra le Coree, che sono ancora tecnicamente in stato di guerra visto che il conflitto del 1950-1953 si concluse con un armistizio e non con un trattato di pace.
Kim ha auspicato colloqui “franchi” sulle questioni della penisola, “non sprecando tempo e occasione” offerti per ottenere “buoni risultati”. Al suo fianco la sorella minore Kim Yo-jong, intenta a prendere appunti e in un ruolo sempre più strategico per i colloqui tra i due capi di stato, e l’ex capo dell’intelligence Kim Yong-chol, ora alla guida delle relazioni intercoreane per conto del Partito dei lavoratori.
“Auguriamo al popolo coreano ogni bene” e “speriamo che i colloqui facciano progressi verso un futuro di pace e prosperità per l’intera penisola coreana” è il messaggio di augurio fatto pervenire dalla Casa Bianca.
Il Giappone, gli ha fatto eco dicendo “con la speranza che i leader possano avere un incontro costruttivo che conduca a una comprensiva risoluzione delle questioni irrisolte, quali il negoziato sui cittadini giapponesi rapiti e lo stop al programma missilistico e nucleare di Pyongyang”.