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Un test sulla saliva o del sangue per “cronometrare” il metabolismo della nicotina nell’organismo potrebbe aiutare a individuare la strategia più giusta per dire addio al fumo.

Grazie ad uno studio condotto su oltre cento fumatori italiani per la prima volta in assoluto, si scopre che gli individui con un metabolismo della nicotina più rapido hanno un minor rischio di dipendenza rispetto ai fumatori con metabolismo più lento, nonostante le abitudini al fumo siano le stesse.

Ecco dunque che il primo studio italiano sulla correlazione fra la velocità del metabolismo della nicotina e il grado di dipendenza dal fumo, condotto dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa e presentato in occasione del XIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Pneumologia (SIP) a Venezia, apre la strada in un prossimo futuro, a strategie mirate, addirittura su misura, individuate con semplici test che misurino quanto rapidamente l’organismo sia in grado di smaltire la nicotina.

I dati preliminari, in controtendenza rispetto a quanto noto a oggi, indicano infatti che i fumatori con un metabolismo lento della nicotina hanno una maggiore dipendenza dal fumo, tendono ad accorciare i tempi fra una “bionda” e l’altra, hanno bisogno di più sigarette per soddisfare il desiderio di fumare. Per questi soggetti potrebbe perciò essere indicato un trattamento che fornisca dosi costanti di nicotina, per esempio in cerotto, in modo da ridurre il desiderio della sostanza e facilitare la disassuefazione.

“Purtroppo smettere di fumare è ancora molto difficile: la maggior parte dei fumatori non riesce a farlo da sé e anche con l’aiuto di trattamenti integrati, dal counseling ai farmaci, tanto che le percentuali di individui ancora in astinenza a 3, 6 e 12 mesi dall’ultima sigaretta sono basse, pari rispettivamente al 32%, 21% e 14% – afferma Stefano Nardini, presidente della SIP -. Nel complesso, il tentativo di smettere di fumare fallisce nell’80% dei casi; a oggi inoltre non esistono indicazioni su quale farmaco sia da considerarsi più efficace, né è chiaro quali fumatori possano trarre maggiori benefici da uno o dall’altro trattamento. Lo studio della velocità di smaltimento della nicotina attraverso un test sul sangue o sulla saliva potrebbe rivelarsi perciò un metodo relativamente semplice per individuare coloro per i quali è più difficile smettere a causa di una dipendenza più marcata, così da intervenire in maniera più incisiva”.

Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno perdono la vita oltre 7 milioni di persone per i danni causati dal fumo e di queste circa 890mila vittime sono non fumatori esposti al fumo passivo. Il fumo attivo rappresenta in Italia la principale causa di mortalità prevenibile: le stime parlano di oltre 70mila decessi ogni anno, di cui il 25% riguarda individui di età compresa tra 35 e 65 anni.