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I sonniferi per regolare il sonno fanno bene o fanno male?

Lo scienziato David Knopman ricorda che il sonno è strettamente legato ai depositi di amiloide e tau, ma raccomanda la valutazione individuale dei casi, spiega infatti: “L’epidemiologia generalizza le ipotesi. Oggi i ricercatori hanno chiarito che i farmaci per il sonno non provocano un peggioramento delle funzioni cognitive, ma che possono essere collegati. Dunque i medici devono selezionare molto attentamente i pazienti ai quali prescriverli, scegliere insieme la migliore terapia.”

Studi più importanti, presentati ad AAIC 2019, dimostrano che in casi di insonnia grave c’è stato ad esempio un miglioramento delle abilità della memoria, ma per altri un peggioramento.

Ryan Falck, ricercatore alla University of British Columbia, Vancouver, ha misurato i benefici dell’attività fisica sul sonno. Almeno mezz’ora di camminata a ritmo intenso durante il giorno, tutti i giorni più portare un considerevole beneficio. Si può anche intervenire sull’orologio biologico delle ventiquattr’ore, favorendo il senso di veglia o di rilassamento che consente di addormentarsi. I volontari tra i 65 e 85 anni hanno frequentato una volta alla settimana, per un mese, lezioni sulle tecniche di buon sonno, in seguito si è aggiunta la cronoterapia, l’esposizione alla luce diurna, e l’attività fisica. Tutti hanno dormito meglio e sono arrivati a fine serata più riposati.

Yue Leng, epidemiologa a California Pacific Medical Center Research Institute, San Francisco, ha condotto uno studio sulla frequente prescrizione di sonniferi su un campione di 3068 uomini e donne, bianchi e neri, dai 70 a 79 anni, seguiti per quindici anni. Il 5,6% li aveva assunti spesso (5-15 volte al mese) o quasi sempre (15-30). un sonnifero. Indipendentemente dalla classe sociale, reddito, assunzione di alcol, fumo, il 43% di coloro che avevano assunto più sonniferi nel corso degli anni si ammalava di demenza. Il 95% erano bianchi, in maggioranza donne.