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E’ morta il 13 luglio dello scorso anno in un letto d’ospedale a Mirano (nel Veneziano) Jessica Foscarin,  uccisa da un melanoma all’età di  31 anni. Dieci anni prima si era sottoposta all’asportazione di un neo che il medico aveva considerato sospetto ma l’esame istologico lo aveva definito benigno.

Poi nel 2020 arriva la scoperta di un nodulo al seno, nello stesso punto dell’operazione di rimozione del neo. Gli esami però confermano un tumore maligno con metastasi. Secondo la famiglia si sarebbe potuta salvare se la prima diagnosi fosse stata esatta, e per questa ragione, fanno fatto causa all’azienda sanitaria Serenissima chiedendo il risarcimento danni quantificabile in oltre un milione di euro.

L’accusa, secondo quanto scrive oggi Il Gazzettino, è che la giovane sia morta a causa dell’omessa diagnosi di un melanoma a seguito di un intervento di asportazione di un neo che aveva  al seno. Per un presunto errore,  quel piccolo neo nel referto istologico venne confuso con un neo benigno, non sottoponendo la giovane, che allora aveva 19 anni, alle specifiche cure e terapie dovute del caso. Dopo la piccola operazione la Foscarin  aveva ripreso la propria vita quotidiana, di sempre. Dimenticando quanto accaduto.

Solo nel 2021 le comparve un nodulo al seno e la scoperta è fatale. E’ affetta da una recidiva di melanoma.

Nessuno dei medici riesce a capire subito quale sia l’origine di quel tumore fino a quando lei non si ricorda dell’operazione datta anni prima. Per l’esportazione del neo al seno. A quel punto vengono riesaminati i vetrini e si scopre che la diagnosi era sbagliata e che quel neo era di origine maligna. Ma ormai è troppo tardi.

La malattia si era già diffusa in tutto il corpo e per Foscarin non c’era più nulla da fare. La giovane è morta all’età di 31 anni, il 13 luglio del 2022 a Mirano (nel Veneziano).

 

La nota dell’Ulss ‘”L’esito dell’accertamento tecnico preventivo del tribunale non certifica responsabilità evidenti degli ospedali coinvolti in merito ad analisi e cure effettuate. Mettendo invece in luce la particolare difficoltà di diagnosi rispetto al caso clinico”, fa sapere l’Ulss 3. I legali della famiglia hanno deciso in questi giorni di citare in giudizio l’Azienda sanitaria. “La somma risarcitoria richiesta dai legali della famiglia, particolarmente ingente, induce l’azienda sanitaria a svolgere con i propri legali e con la compagnia assicurativa ogni ulteriore e opportuna valutazione”.

foto crediti facebook