Svelare l’omosessualità di una persona è reato, e si rischia la condanna se le persone sono “individuabili”.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso di un uomo che, sentendosi nominato da un giornale locale, aveva querelato il giornalista che aveva scritto l’articolo.
La difesa del giornalista e del suo direttore responsabile è stata quella di non aver mai indicato, il nome del querelante ne il presunto compagno.
La difesa era stata accolta ma poi la Corte Costituzionale ha deciso di cancellare l’esito del processo e di ordinarne uno nuovo, accogliendo pertanto la tesi che il giornale, avendo indicato il tipo di lavoro e alcuni dettagli, aveva comunque “reso riconoscibile” il protagonista della storia piccante, che vede protagonista un marito che tradisce la moglie con un uomo.
Nella sentenza è stato riportato dunque, che ”ai fini dell’individuabilità dell’offeso non occorre che l’offensore ne indichi espressamente il nome, ma è sufficiente che l’offeso possa venire individuato per esclusione in via deduttiva, tra una categoria di persone, a nulla rilevando che in concreto l’offeso venga individuato da un ristretto gruppo di persone”.
La Cassazione ha pertanto, ammonito il giornalista e il suo giornale sulla pericolosità di riferire delle scelte che possono costituire una violazione della privacy.
L’articolista e il Direttore dovranno ora comparire davanti al giudice per dimostrare la rilevanza sociale del fatto narrato nell’articolo.