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Nei giorni precedenti la scomparsa, ovvero il 26 novembre 2010, Massimo Giuseppe Bossetti, per almeno tre volte, avrebbe seguito, pedinato e studiato la piccola Yara, nei pressi se non anche dentro la Città dello sport di Brembate, dove la ragazzina si recava per fare ginnastica artistica.

Particolare riportato dal Corriere della Sera, che emerge dall’analisi delle celle telefoniche ripetuta in queste ore dagli specialisti dello Sco e del Ros, e che sembra confermare l’ipotesi che l’uomo avesse “puntato” la piccola e ne stesse studiando abitudini, spostamenti e orari prima di portarla via all’uscita dalla palestra per poi ucciderla.

Infatti, l’analisi dei tracciati del telefono della ginnasta e del Bossetti rivela che alle ore 17.30 di quel 26 novembre 2010 Yara esce di casa per recarsi in palestra. Alle 17.45 Bossetti è nella stessa zona, impegnato in una conversazione telefonica col cognato, la cella aggancia quella di via Natta di Mapello compatibile con il luogo dove si trovava Yara e con la cella agganciata dallo stesso telefono della ragazzina alle ore 18.49, quando riceve un sms da parte dell’amica Martina. Circostanza che secondo il giudice va a rafforzare il quadro probatorio a carico dell’uomo, in quanto la sera di quel maledetto 26 novembre non si trovava in un luogo diverso da quello in cui è scomparsa Yara.

Inoltre, dopo la stesura dell’ordinanza il quadro si arricchisce di nuovi elementi. Oltre ai tabulati che mostrerebbero la presenza di Bossetti davanti alla palestra mentre Yara faceva ginnastica, è emerso anche che nel luglio 2012 il fratello di Yara, Natan aveva rivelato che nell’estate del 2010 sua sorella aveva «paura di un signore in macchina che andava piano e la guardava male quando lei andava in palestra e tornava a casa percorrendo la via Morlotti. Aveva una barbettina come fosse appena tagliata e una macchina grigia lunga». Yara glielo fece anche vedere, mentre erano in chiesa. Natan dice che era «cicciotello» e mercoledì scorso, quando gli hanno mostrato le foto, non ha riconosciuto Bossetti. Ma il giudice sostiene che sia comunque «un indizio che merita di essere approfondito».

L’accusa si basa su almeno cinque punti ben precisi. Oltre al Dna, alle polveri di calce trovati addosso alla piccola Gambirasio, ai dati che riguardano i tabulati telefonici, emergono altre incongruenze nel racconto di Bossetti: «Quando venne fuori la storia che l’assassino era il figlio illegittimo di Guerinoni andai da mia madre Ester e gli chiesi se lo conosceva». Perché? Si domandano gli inquirenti. Bossetti dice di non aver mai saputo di avere un altro padre. Quella richiesta potrebbe essere quindi la sua volontà di scoprire se l’inchiesta poteva puntare a lui o se andava in un’altra direzione. Inoltre, la madre Ester Arzuffi continua ad affermare che i due gemelli siano figli legittimi del marito e non di una relazione extraconiugale avuta con Giuseppe Guerinoni, padre biologico di Ignoto1 il cui dna coincide perfettamente con quello di Massimo Giuseppe Bossetti, e quello trovato sugli indumenti della piccola Yara.

Ma il giudice non ha dubbi sull’attendibilità delle analisi che hanno portato a l’individuazione di «Ignoto 1» analizzando la traccia trovata sugli slip e sui leggins della vittima. Sottolineando che «gli esiti dell’indagine genetica sul Dna presentano natura di prova e non di mero elemento indiziario». Ma per evidenziarne «l’importanza investigativa» riferendosi alla relazione del Ris dell’Arma, sottolinea come «l’elemento è stato isolato in un’area attigua a uno dei margini recisi dell’indumento. La zona dei leggins è corrispondente alla sottostante parte degli slip e ciò fa escludere che la presenza di «Ignoto 1» sia dovuta a un fugace maneggiamento degli indumenti apparendo confortata l’evidenza che a produrre le tracce sia stato un fluido abbondantemente cellularizzato».

Il comandante del Ros Mario Parente sottolinea che non vi può essere stata nessuna contaminazione casuale, perché «lo stesso Bossetti esclude di aver mai conosciuto la vittima», quindi è impossibile che in precedenza ci sia stato con lei anche un fugace contatto. Una cosa è certa, non si tratta né di sperma, né di saliva, i genetisti affermano che sia sangue. «Bossetti potrebbe essersi ferito leggermente mentre infieriva con un’arma da taglio sulla vittima», ha rivelato il pm Letizia Ruggeri.