Emerge un’altra inesattezza, o forse bugia. C’è un nuovo particolare che non si spiega: che ci faceva Massimo Bossetti ,il 6 dicembre del 2010, a Chignolo d’Isola? Le celle telefoniche rivelano che si trovasse lì in una zona compatibile con il campo in cui è stato trovato il corpo della povera Yara Gambirasio.
Su tale circostanza, Bossetti dichiarava: “Non frequentavo quelle zona e quel giorno sono andato lì per comprare materiali per l’edilizia”. Ma il titolare della rivendita ha ora smentito, la contabilità del negozio non confermerebbe tale eventualità: non esisterebbero fatture datate 6 dicembre a nome del muratore di Mapello.
E secondo chi indaga è possibile che l’uomo si sia recato a Chignolo d’Isola per controllare se qualcuno avesse trovato il cadavere della piccola Yara.
Inoltre Massimo Giusepppe Bossetti aveva giustificato la presenza di tracce del suo sangue sui vestiti della ragazzina rapita e uccisa con l’epistassi, il perdere sangue dal naso, giustificando che sarebbe finito su uno dei suoi attrezzi da lavoro, che poi sarebbe stato rubato da qualcuno ed utilizzato per l’omicidio della ragazza.
L’uomo, inoltre, durante l’interrogatorio aveva anche fatto al pm, due nomi, citando due colleghi che “potrebbero sapere qualcosa”. Ma i due artigiani sono stati interrogati e non hanno fornito alcuna conferma sull’epistassi di Bossetti.
E per di più, Osvaldo Mazzoleni, cognato di Bossetti, e Massimo Maggioni – due soci titolari del cantiere delle villette costruite a Palazzago – avrebbero anche smentito che ci sarebbero stati dei furti di attrezzi in cantiere.
Pertanto, le dichiarazioni fatte dal presunto assassino di Yara, per dimostrare la sua estraneità ai fatti, risultano vacillare in diversi punti.