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Un nuovo inquietante documento apre un nuovo capitolo sulla vicenda di Emanuela Orlandi, la quindicenne scomparsa dalla Città del Vaticano il 22 giugno del 1983.

Il documento è arrivato nelle mani di Emiliano Fittipaldi giornalista di Repubblica che nel suo ultimo libro “Gli impostori” ne rivela il contenuto. Si tratta di un dattiloscritto che ripercorre tutte le spese sostenute dal Vaticano per la “gestione del caso Orlandi” dal 1983 al 1997.

Un elenco di spese di circa 500 milioni di lire sostenute tra gennaio 1983 e luglio 1997 che si chiude con il pagamento di 21 milioni di lire per «attività generale e trasferimento presso città del Vaticano con relativo disbrigo pratiche finali».

Le voci sono varie. Si va dal pagamento di una “fonte investigativa presso Atelier di moda Sorelle Fontana” di sei mesi prima della sparizione della ragazza che, forse era già sotto controllo. “Per la fonte, la Santa Sede aveva sborsato 450.000 lire. C’era un’altra spesa per la ‘preparazione all’attività investigativa estera’ costata altre 450.000 lire, uno “spostamento” da ben 4 milioni di lire e, soprattutto, le ‘rette vitto e alloggio 176 Chapman Road Londra'”.

Il plico con ogni probabilità venne rubato insieme agli altri documenti durante l’irruzione presso la Prefettura vaticana, il 29 e 30 marzo sdel 2014 con conseguente scassinamento della cassaforte contenente i documenti dlela Commissione Cosea di cui fanno parte anche monsignor Baldi e Chaouqui, entrambi sotto processo per Vatileaks. Durante le indagini, il capo ufficio monsignor Alfredo Abondi conferma che “nella sezione riservata della Prefettura venivano conservati i documenti sulla sicurezza e sulle situazioni rilevanti relative all’Amministrazione. Nei giorni successivi al furto nel dicastero ci fu recapitato un plico con i documenti sottratti”. Per il monsignore si tratta di “materiale che riguarda pratiche risalenti a 10 o anche 20 anni fa”. Da quel momento in poi comincia a circolare la voce che tra i documenti rubati ci sia anche un plico dedicato a Emanuela Orlandi.

Sull’esistenza di questo carteggio erano circolate voci qualche mese fa. Oggi il fratello di Emanuela, attraverso le avvocate della famiglia, Annamaria Bernardini De Pace e Laura Sgrò, chiede che venga fatta luce su questi documenti e chiede alla Segreteria di Stato di “sgomberare il campo da ogni dubbio” chiedendo di “avere accesso a tutti i documenti e comunque poter incontrare il segretario di Stato Pietro Parolin: il caso non è e non può essere chiuso”.