Sempre più vicini a disporre di un pacchetto di esami per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer, la forma più diffusa di demenza senile (rappresenta il 50-60% di tutti i casi). Ad annunciarlo è Stefano Cappa, direttore scientifico dell’IRCSS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia in un’intervista rilasciata all’ANSA in occasione della 24/ima giornata mondiale Alzheimer che si celebra il 21 settembre.
La cui applicabilità di questo pacchetto dipenderà dalla disponibilità di farmaci contro la malattia”, farmaci ad oggi ancora non disponibili. Sottolinea l’esperto.
In Italia sono oltre un milione le persone affette da qualche demenza (circa 600 mila soffrono di morbo di Alzheimer) e nei prossimi 20 anni, si avrà un aumento dei casi del 50% e un raddoppio dei casi entro il 2050. Si stima infatti che l’aspettativa di vita di un paziente con demenza sia in media dimezzata rispetto all’aspettativa di un coetaneo sano, spiega all’ANSA Antonio Guaita, direttore della Fondazione Golgi Cenci presso Abbiategrasso, tra i relatori del convegno sulle demenze in corso a Milano, promosso dalla Federazione Alzheimer Italia.
Un TEST DI DIAGNOSI PRECOCE, spiega Cappa, consisterà in un esame del sangue (per cercare molecole presenti solo nel plasma di chi è destinato ad ammalarsi anche 10-20 anni dopo), o della retina e di altri tessuti alla ricerca di anomalie predittive, fino a un software, il cui prototipo è stato messo a punto all’Università di Bari, in grado di predirla guardando le immagini fornite dalla risonanza del cervello di un individuo. A chi ha un rischio certo di malattia (perché con malati in famiglia) saranno proposti esami quali la tomografia (PET, più costosa e non utilizzabile sulla popolazione generale) e l’esame del liquido cerebro-spinale (invasivo).
Certamente, un grande passo avanti, anche se terapie risolutive della malattia, ancora non ce ne sono.